Sinterizzazione in vuoto: la guida passo passo [2/4]

Sinterizzazione in vuoto: la guida passo passo [2/4]

Questa è la seconda parte di un articolo sulla sinterizzazione in vuoto. Nella prima parte abbiamo visto le due fasi del processo, debinding e sinterizzazione. Ora è giunto il momento di analizzare i forni per sinterizzazione in vuoto. Esamineremo, quindi, argomenti legati alla scelta della camera termica più appropriata (materiali e design), alla distribuzione del flusso di gas e all’utilizzo di un box fisso o rimovibile per le operazioni di carico/scarico.

Isolamento nel forno per sinterizzazione in vuoto

Esistono diversi tipi di camere termiche utilizzabili in forni da sinterizzazione, ciascuna con caratteristiche diverse, sia relativamente al tipo di isolamento che alla geometria complessiva.

Per quanto riguarda l’isolamento, i due tipi più comuni sono il wafer di grafite o gli schermi metallici riflettenti, in molibdeno o tungsteno in base alla temperatura.

Per gli aspetti dell’isolamento relativi alla sinterizzazione in vuoto, ci sono almeno due cose da considerare:

  1. La maggior parte dei materiali comunemente utilizzati, tra cui gli acciai inossidabili - AISI 304 L, AISI 316 L : acciai inox austenitici che contengono cromo; AISI 434 : acciaio inox ferritico; AISI 630; Inox al boro; Duplex Inox classi 300 e 400 - è sinterizzabile in camere termiche in grafite. La camera metallica è richiesta principalmente per alcune applicazioni biomedicali e materiali ceramici.
  2. Le camere interamente metalliche sono originariamente studiate per i trattamenti in vuoto, mentre per la sinterizzazione, come abbiamo già evidenziato, si usano valori di pressione parziali non trascurabili. Questo si traduce in un aumento della potenza dissipata che, in base al tipo di gas ed al valore di pressione, può anche diventare il doppio rispetto a quella in vuoto. Questo incremento può essere mitigato ricorrendo a soluzioni specifiche per questo tipo di applicazione, come l’aggiunta di uno strato ceramico per contenere gli effetti convettivi.

Camera termica nei forni da sinterizzazione in vuoto

Per quanto invece riguarda la geometria della camera, essendo i pezzi generalmente molto piccoli, non esiste nessun requisito di una forma specifica, per cui si utilizza generalmente una camera a caricamento orizzontale e a sezione quadrata in quanto è più economica a parità di volume utile e consente di garantire più facilmente l’uniformità nelle condizioni di flussaggio del gas che serve per avere omogeneità nel prodotto finito.

La principale eccezione è costituita dai forni per sinterizzazioni ad altissima temperatura (circa sopra i 2000°C), in quanto la mancanza di materiali ceramici idonei all’applicazione crea delle difficoltà tecniche nel supporto ed isolamento del resistore e limita le geometrie utilizzabili. In questi casi, un resistore cilindrico appeso e supportato dai soli passanti è una soluzione semplice e robusta.

Flusso del gas nei forni per sinterizzazione in vuoto

A differenza dei forni più comuni da trattamento termico, in cui l’introduzione di un flusso di gas durante il riscaldo serve solo a limitare il valore di vuoto e non necessita quindi di una particolare distribuzione, nel caso della sinterizzazione (e questo vale anche per il debinding), una distribuzione opportuna del flusso può essere essenziale per la qualità del prodotto ottenuto. Questo perché, nel caso di sinterizzazione e debinding, il gas introdotto ha due funzioni aggiuntive:

  1. Un’azione meccanica di trasporto, nei confronti dei residui della dissociazione termica del binder, al fine di allontanarli dalla carica e trasportarli verso il gruppo di pompaggio e verso il condensatore.
  2. Un’eventuale azione riducente, qualora il gas di processo non sia unicamente composto da gas inerti.

Passando in rassegna le soluzioni tecniche tipicamente usate, troviamo tre categorie principali:

  1. Distribuzione del flusso di gas con box. In questo caso, la carica non viene semplicemente inserita nella camera termica, ma all’interno di un box chiuso che si trova a sua volta dentro la camera termica e, pur non essendo completamente stagno, consente di avere una certa differenziazione tra la composizione dell’atmosfera interna rispetto a quella esterna. Questo box ha una propria connessione diretta con il gruppo di pompaggio, può avere o meno delle connessioni dirette con l’alimentazione di gas di processo ed è essenziale per poter effettuare debinding e sinterizzazione nello stesso forno, in quanto fa sì che i prodotti della dissociazione del binder vengano convogliati direttamente verso il condensatore e sia impedito invece il loro deposito su altre parti interne del forno più fredde della zona utile di lavoro. Se così non fosse, l’ulteriore aumento di temperatura in fase di sinterizzazione potrebbe provocare una nuova evaporazione di queste sostanze, con conseguente inquinamento dell’atmosfera di processo ed effetto negativo sul risultato. Pertanto, nella fase di debinding, il gas viene solitamente introdotto nella camera da vuoto, esternamente al box, e pompato dall’interno del box, in modo da impedire la fuoriuscita di binder. L’ingresso nel box può avvenire unicamente tramite gli spifferi inevitabilmente presenti nelle giunzioni delle pareti stesse, quindi senza una direzione specifica, oppure può essere guidato forando opportunamente la parete del box opposta alla posizione di aspirazione, in modo da creare un flusso uniforme lungo tutti i ripiani per i motivi sopra citati. Oltre a questa modalità di immissione, può anche essere previsto un ingresso gas direttamente nel box, che può essere distribuito in modalità analoghe a quelle di cui sopra, viene usato principalmente nella fase di sinterizzazione vera e propria ed ha lo scopo di garantire che il gas che lambisce i pezzi trattati abbia la massima purezza possibile, e non rischi invece di raccogliere sostanze contaminanti durante il percorso.
  2. Distribuzione del flusso di gas senza box. Qualora la fase di sinterizzazione venisse invece completata in un forno specifico, il box non è più necessario, in quanto l’intero processo può svolgersi nelle condizioni di massima pulizia. La distribuzione del gas ha il solo scopo di garantire a tutti i pezzi condizioni di processo omogenee e ripetibili, e può essere ottenuta con una serie di punti di distribuzione integrati con la camera termica stessa. Questo consente di ottenere una serie di vantaggi, come l’aumento del volume utilizzabile a parità di camera termica, l’aumento della velocità di riscaldo grazie all’irraggiamento diretto della carica da parte del resistore e l’aumento della velocità di raffreddamento grazie all’eliminazione dell’ostacolo alla circolazione del gas posto dal box, anche qualora questo venga aperto quando necessario. Conseguentemente, il design del forno risulta semplificato e lo stesso forno può essere usato per altri trattamenti, come ad esempio per tempra o rinvenimento. Questo può risultare particolarmente conveniente nel caso in cui si debba temprare i pezzi sinterizzati.
  3. Nessuna distribuzione. Nonostante alcuni costruttori specializzati in forni da sinterizzazione non pubblicizzino molto questo fatto, esistono alcuni casi in cui è possibile ottenere risultati soddisfacenti senza nessuna particolare distribuzione del flusso. Se il processo che dovete fare è uno di questi ed avete già a disposizione un comune forno da trattamento termico o potete comprarlo ad un prezzo conveniente, probabilmente potete realizzare ciò che vi serve con un semplice upgrade del sistema di controllo.

Prima di concludere, vorrei fornirvi qualche altra indicazione riguardo al box per le operazioni di carico/scarico. È meglio avere un box fisso all’interno del forno oppure un box rimovibile che può essere rimosso con il carico di volta in volta?

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Box per caricamento nei forni di sinterizzazione in vuoto

Supponendo che al punto precedente abbiate determinato che per la vostra applicazione è preferibile avere un box che racchiuda la carica, si pone la questione se è meglio che il box sia fisso nel forno (nel qual caso andranno caricati i singoli vassoi con i pezzi) oppure che sia estraibile con la carica ad ogni infornata. Anche in questo caso, non esiste una soluzione migliore a priori, ma dipende da altri fattori. In compenso, stavolta il criterio di scelta è estremamente semplice.

In genere, se avete un numero ridotto di modalità di flussaggio (ad esempio solo una modalità dall’esterno del box dall’interno) e prevedete un raffreddamento in gas statico o comunque senza aprire il box, è possibile avere l’intero box rimovibile ad ogni caricamento con un carrello apposito, ottenendo di semplificare e velocizzare le operazioni di carico e scarico. Negli altri casi, le operazioni di interfacciamento del box con le ulteriori interfacce per il flussaggio del gas o per l’apertura nella fase di raffreddamento renderebbero l’inserimento e l’estrazione troppo difficoltosi. In questi casi è meglio lasciare il box fisso ed estrarre i ripiani.

Esiste anche la possibilità di avere un involucro fisso ed un castelletto interno estraibile con i ripiani. In questo modo si avrebbero i vantaggi di entrambe le soluzioni. Tuttavia, questa soluzione non è molto usata in quanto lo spazio sprecato nella camera termica (nel senso di spazio non usato per caricare pezzi da trattare) diventa considerevole.

Finora, spero di avervi fornito informazioni e consigli utili sulla sinterizzazione sottovuoto, sia attraverso la prima parte dell'articolo, incentrata principalmente su debinding e sinterizzazione, sia attraverso questa seconda parte, incentrata sulle caratteristiche del forno per sinterizzazione. Vorrei ricordarvi che questa è solo la seconda parte di un articolo molto più ampio sulla sinterizzazione in vuoto che continuerà più avanti.

Se avete domande, commenti o dubbi riguardanti la sinterizzazione nei forni a vuoto, sarò più che felice di aiutarvi su questo argomento. Basta chiedere!

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