Guida all'acquisto dei forni a vuoto: 10 cose da sapere [2/2]

Guida all'acquisto dei forni a vuoto: 10 cose da sapere [2/2]

Si possono avere le idee chiare al momento di acquistare un forno a vuoto?
Certo che sì e la tematica, solo all'apparenza così complessa, si affronta ragionando per punti.
Nell'articolo precedente abbiamo fatto la conoscenza di alcuni degli elementi che contribuiscono alla realizzazione e al perfetto funzionamento di un forno in vuoto, partendo dai tre che, nel corso del tempo, sono rimasti più costanti. Ad essi si è aggiunto un altro terzetto, in deciso progresso negli ultimi anni. Eccoli in fila:

  • saldature
  • sistemi di pompaggio e misura di vuoto
  • leak detection (rilevamento perdite)
  • materiali
  • elementi di tenuta
  • componenti: flange, valvole, serraggi, ecc.

Oggi vado a completare la rassegna dei 10 elementi imprescindibili da valutare nella scelta di un forno che utilizzi il sistema del vuoto.
Sto parlando di:

  • trasmissione del calore
  • resistore
  • spegnimento
  • automazione.

La trasmissione del calore

Il cuore dell'attività di un forno in alto vuoto si concentra in due parti: una camera a tenuta di vuoto a doppia parete, raffreddata a circolazione d'acqua, e una camera termica isolata con materiali a bassa conducibilità (wafer di grafite), in cui sono posizionati il resistore e la carica da trattare.

Il funzionamento del forno per trattamenti termici in vuoto prevede due possibili livelli di vuoto:

  • senza gas parziale
  • con gas parziale.

Nel primo caso il trasferimento di calore, per azione delle molecole che si muovono dalla parte calda a quella fredda, avviene in regime di conduzione libera molecolare: a condizioni di esercizio più gravose, l'energia scambiata ha un valore prossimo a 0,025 kW/m2 (quindi veramente trascurabile). È trascurabile anche il calore scambiato in regime di transizione e così quello di trasmissione per conduzione in campo viscoso (0,08 kW/cm2). Se ne deduce che l'energia scambiata per conduzione termica in un forno in alto vuoto è comunque praticamente nulla, indipendentemente dal valore della pressione (livello di vuoto).

In caso di scambio termico dovuto ad irraggiamento per mezzo di gas parziale i valori sono ben diversi. Considero anche qui le condizioni più gravose di esercizio: si raggiungono valori di 3÷4 kW/m2. La pratica conferma il dato scientifico, portando alla luce anche un aspetto importante ai fini dell'uniformità termica del sistema a regime: quello delle fughe di calore dalla camera.
Alcuni elementi costitutivi del sistema lavorano, nostro malgrado, contro il suo perfetto funzionamento. Voglio citare le dispersioni di calore causate dai sostegni di carica e/o spifferi di radiazione, ma soprattutto quelle generate dai passanti di corrente.
I passanti di corrente sono delle barre di grafite di grossa sezione collegate a morsetti di rame raffreddati a circolazione di acqua: in numero di tre o quattro, costituiscono altrettante zone più fredde della camera. Anche i puntali di sostegno della carica sono potenziali veicoli di fuga di energia, a cui si tende ad ovviare inserendo materiali refrattari a bassa conducibilità (pastiglie di allumina) tra la parte in grafite ed il mantello di acciaio. In alcuni casi vengono aggiunte calcolando zone di riscaldamento ad energia specifica più elevata in prossimità della base di appoggio carica.

Il resistore

Passo ora ad un altro elemento del forno basato sulla tecnologia del vuoto che negli ultimi anni ha subito importanti revisioni. Sto parlando del resistore e, in particolare, del dimensionamento della sua catena di alimentazione (convertitore statico, trasformatore, barre, ecc.). Infatti, se questo deve essere tale da fare raggiungere rapidamente la temperatura di set agli elementi riscaldanti, gli stessi - però - devono essere abbastanza grandi da far assumere nel tempo più breve la temperatura di set alla carica, compatibilmente alle geometrie e disposizione dei pezzi. La tendenza attuale è di prevedere una potenza di alimentazione del resistore di circa quattro volte la potenza dissipata a regime dal sistema alla massima temperatura (1270°C).

La superficie del resistore gioca un ruolo fondamentale anche per accelerare il processo in condizioni di trattamenti a bassa temperatura (per esempio, nel caso della temperatura di austenitizzazione, a "soli" 800°C), in cui la potenza erogabile per irraggiamento è sempre esigua.
La posizione del resistore è inoltre di estrema importanza: oggi è stabilito con certezza che nei forni a geometria orizzontale, in presenza di cariche costituite da più pezzi, il riscaldamento ottimale è quello realizzato con gli elementi riscaldanti posti nella superficie superiore ed inferiore del forno. Si giunge così ad un ciclo termico simile sia per i pezzi collocati alla periferia della carica che per quelli al centro della stessa.

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Lo spegnimento

Il flusso di gas è cruciale nel processo di spegnimento del forno a vuoto.
Ottenere la medesima storia termica per tutti i pezzi è uno degli interessi primari del progettista del forno da vuoto: per questo, viene attentamente studiata la procedura per avviare la fase di tempra in gas della carica.

In cosa consiste questa procedura?

In principio viene immesso gas in pressione nel vessel; quando si è raggiunta la pressione di set, si disalimenta il resistore e si inizia a far ricircolare il gas a bassa temperatura tramite una grande girante ad elevata prevalenza. Il gas, circolando, assume calore per poi cederlo lungo il percorso ad uno scambiatore di calore. È importante il percorso del gas, perché esso deve fluire attraverso la carica, in modo che vengano raffreddati anche gli elementi più piccoli ed interni.
In fase di progettazione di un sistema per trattamenti termici in vuoto, sono da evitare soluzioni con geometrie che consentano al gas di scavalcare la carica o di lambire solo le superfici più esterne: i filetti fluidi di gas che attraversano la carica non devono avere componenti di velocità normali ai pezzi.

A cosa porre attenzione?

La sezione di flusso del gas deve avere una dimensione pari a quella del cesto porta pezzi. La migliore canalizzazione del gas si ha con percorsi dal basso verso l'alto, poiché si realizza una distribuzione di flusso congruente con la dislocazione dei pezzi, che si presentano alle correnti gassose come su un'unica superficie. In caso contrario, con percorso dall'alto verso il basso, la regolarità di flusso verrebbe turbata dai pezzi di maggiore altezza, che agiscono provocando il cosiddetto "effetto ombrello" sulle parti sottostanti.
Nel forno per trattamenti termici sottovuoto sono da evitare, in ogni caso, percorsi del gas dalla geometria assiale e centrale all'interno della camera termica: infatti, i pezzi tenderebbero così ad assumere temperature diverse, il processo sarebbe mal controllato e incapperebbe nel rischio di importanti deformazioni sui pezzi stessi.

Come unica alternativa mi sento di consigliare lo sdoppiamento del flusso: un getto contemporaneo dall'alto e dal basso risolve il problema della tempra veloce su pezzi di grande dimensione o su cariche a cesti multipli sovrapposti.

L'automazione

Sono arrivato al cuore vibrante dei trattamenti a tecnologia del vuoto: la modernità di questo sistema risiede soprattutto nel fatto che il ciclo sia completamente automatico.
Una volta progettato e assemblato, il forno in alto vuoto diviene gestibile come una centrale di lavoro: non è prevista né richiesta la presenza attiva di operatori durante il processo.

Estremamente accurata e sicura, la programmazione tramite microprocessore garantisce la ripetibilità di ciclo e l'avviamento di controlli a successione automatica.
Tali controlli di processo diagnosticano i diversi stati di attività del forno per trattamenti termici sottovuoto. Una serie di segnalatori evidenzia situazioni di malfunzionamento o disservizio importanti. Il sistema è in grado di porsi automaticamente in condizioni di sicurezza di fronte ad eventi anomali quali:

  • mancanza di energia
  • mancanza di acqua
  • mancanza di vuoto
  • mancanza di gas, ecc.

Nel giro di breve tempo il funzionamento di un forno a vuoto ha richiesto sempre meno supervisione e sorveglianza: un bel vantaggio per l'azienda, che si ritrova un impianto capace di lavorare anche di notte, offrendo la massima resa economica. In pochi anni si è compiuto un salto di generazioni nella tecnologia del vuoto. La pressurizzazione, in più, oltre a permettere il trattamento termico di materiali più "difficili", riduce notevolmente i tempi di raffreddamento alle temperature più basse.

Conclusioni

Si chiude così questa presentazione degli elementi chiave di un forno per trattamenti termici sottovuoto: ho voluto proporvi una piccola rassegna delle loro caratteristiche di base, immaginando quali possano essere i vostri interrogativi e che ciò possa darvi una mano nell'approccio con il progettista e il preventivo. Il migliore risultato operativo si ottiene quando ogni aspetto è stato preso in considerazione adeguatamente.
Lo specialista troverà in voi un interlocutore preparato e consapevole: le migliori premesse per avviare una collaborazione di successo.

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